13 Aprile 2016
Anai – Come l’empatia salva il lavoro umano
“C’è un forte bisogno di contatti personali che non può essere soddisfatto dagli automi.
Anche se la cibernetizzazione comporta indubbiamente una capacità produttiva pressoché illimitata, che richiede sempre meno manodopera umana.
Ma c’è chi esprime forti dubbi su questa previsione.
Noi siamo una specie profondamente sociale. E il desiderio di contatti umani si riflette sulla nostra vita economica. In molte delle cose per le quali spendiamo i nostri soldi c’è un esplicito elemento interpersonale. Ci riuniamo, a teatro o allo stadio, per apprezzare l’espressività o l’abilità umana. I clienti abituali di un certo bar o ristorante vi si recano non soltanto per il cibo e le bevande, ma anche per l’ospitalità. Allenatori e trainer forniscono una motivazione che è impossibile trovare nei libri o nei video. I buoni insegnanti trasmettono agli studenti l’ispirazione per continuare ad apprendere, psicologi e terapeuti stringono con i pazienti legami che li aiutano a guarire. In questi e molti altri casi, l’interazione umana non è marginale bensì cruciale per la vita di ognuno.
Anziché enfatizzare la quantità delle esigenze umane, sarebbe meglio concentrarsi sulla loro qualità. Gli esseri umani hanno bisogni economici che possono essere soddisfatti soltanto da altri esseri umani, e ciò rende meno probabile che facciamo la fine dei cavalli”.
Così gli economisti Erik Brynjolfsson e Andrew McAfee.
Maurizio de Tilla
(Presidente A.N.A.I.)
Modificato: 13 Aprile 2016